
Lo spettacolo nasce dalla ricerca storica pubblicata nel 2015 “Il Befotrofio Beata Lucia di Narni in età liberale: storia di progetti, donne e comunità” a cura di Carla Arconte e Laura Schettini. Edito da Biblink, Roma 2015, vede coinvolte donne e bambine della provincia di Narni in un numero di almeno trenta attori di diverse età. L’obiettivo è di sensibilizzare la collettività sulle prassi legate all’assistenzialismo relativamente alle donne ed ai bambini/e, consentendo al territorio tutto di riappropriarsi della propria storia.
Il brefotrofio, costruito nel 1739, trasformatosi nel tempo tra molte vicende, si inserisce nella storia dell’assistenza all’infanzia in Italia in età moderna e contemporanea. Lo spettacolo Di seta e di juta si concentra sull’età liberale tra fine ‘800 e inizi ‘900 e consente una riflessione su una realtà regionale aperta a confronti con quella nazionale.
Il lavoro itinerante nella città di Narni si snoda nella rappresentazione di sequenze collocate in spazi dedicati della città e coinvolge donne e bambini. I personaggi nascono da frammenti di storie vere ricostruite sulla base delle fonti e presenti nell’Archivio storico del Beata Lucia di Narni. Storie che escono dai Registri degli esposti, i Registri dei riconoscimenti, dagli Atti di custodia, dai Verbali delle adunanze della Congregazione di carità ecc…
Lo spettacolo racconta una giornata tipo al Beata Lucia intorno agli anni ‘20 testimoniando i ritmi, i problemi, le difficoltà e le piccole gioie di una comunità tutta al femminile. L’attenzione è volta, oltre che al Baliatico che ospitava gli/le infanti, alla quotidianità del Conservatorio delle Zitelle, struttura che ospitava le ragazze dopo i 14 anni di età, se non avevano trovato una collocazione presso le famiglie affidatarie.
Questo lavoro performativo vuole fornire uno spaccato della società del tempo. Le relazioni che le donne intrecciavano con il mondo esterno al Brefotrofio per motivi di lavoro, di cura, aperte a una possibile emancipazione, pur sempre difficile e faticosa.








Foto di Associazione Culturale SATOR