Progettazione partecipativa e pensiero collettivo

Il latino communis genera una quantità di termini fondamentali, dal comune al comunicare. Il communis, nei suoi minimi termini descrive il carattere di chi o ciò che svolge il suo incarico in una situazione condivisa, insieme agli altri. È da questo substrato che la communitas emerge quindi come rapporto di comunanza civile e socievole, legame di partecipazione e gruppo insieme. Emerge nel traguardo condiviso, perché il munus è l’obbligo ma anche, e secondo alcuni è il significato più antico, il dono.   

Oggi più che mai occorre pensare controcorrente, se pur ci hanno insegnato ad essere convinti e concordi che una omogeneità culturale esiste è pur vero che è vincente chi abita la coscienza locale con una coscienza globale. Cosa intendo? Intendo dire che le diversità culturali esistono e che imparare a condividere è un esercizio della mente ed è un esercizio poco astratto e molto concreto, è un esercizio sociale.

Condividendo ho imparato a riflettere con cura sull’importanza dello sviluppo delle intelligenze relazionali. Ho imparato dai bambini, essendo docente di pedagogia infantile, esercitando l’ascolto, l’etica, portando i loro insegnamenti con me nel lavoro di impresa

Intendo poi nella parola condivisione portare con me tutto il patrimonio imparato da anni di esperienza nel settore artigiano che mi ha vista prima autrice di una ricerca specifica di etnografia organizzativa, poi impegnata nella creazione di una organizzazione dedita all’artigianato, poi coordinatrice di un progetto volto alla formazione in campo artigiano ed infine responsabile marketing in diversi progetti legati proprio all’artigianato. 

Artigianato dunque come concetto stesso di collettività e coprogettazione. Pensare in termini di artigianato al mondo del lavoro significa scegliere nuovi paradigmi di definizione delle priorità: qualità, etica, piacere. La qualità è nel prodotto, nei materiali, nell’innovazione della progettazione che gli artigiani spesso fanno in rete, come operano in rete nella distribuzione e commercializzazione dello stesso. 

L’etica è essenziale perché, visti i prezzi di un prodotto fatto a mano generalmente fuori mercato, o meglio fuori da un mercato globale, è solo l’etica che si riferisce a quel prodotto a garantire la fidelizzazione dei clienti. Inoltre l’artigianato riporta il piacere nel lavoro e una comunità di clienti affezionati che diventano i primi custodi di quel lavoro. Il prodotto artigiano inoltre porta con se la storia di un luogo come anche raccoglie le suggestioni dei tanti desideri che i clienti stessi chiedono di realizzare in un oggetto al proprio artigiano di fiducia. 

E’ grazie a queste molteplici riflessioni che ho potuto fare attraverso lo studio dell’artigianato e delle sue peculiarità specifiche in rapporto al futuro.

Oggi posso dire di aver sviluppato un’abilità come facilitatrice di progetti frutto di momenti condivisi attraverso i quali promuovo il collaborazionismo fra individui e la riflessione su una comunità attiva che diventa economia sia in fase di produzione che in fase di vendita. Il pensiero collegiale infatti, il pensiero collettivo legato alla raccolta di intuizioni e progettazioni integrate, porta inevitabilmente ad innovazione, la partecipazione attiva di più soggetti a divulgare prodotti o messaggi conduce ad un abbattimento di costi e la ridistribuzione dei ricavi porta una sostenibilità del progetto ed una maggiore ricchezza condivisa. Occorre pensare che la ricchezza del singolo se esiste in un contesto di povertà non gratifica mai. La ridistribuzione, la condivisione e la coprogettazione, portano parallelamente una crescita economica e personale senza precedenti. Il mio compito è quello di seguirti in questo.